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Le principali fasi della successione mortis causa e come funziona

Nella presente guida vi spiegheremo come funziona la successione mortis causa e quali sono le fasi che la caratterizzano e le azioni previste dalla legge.

Ultimo aggiornamento 21-03-2018
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La morte di un persona è un fatto rilevante dal punto di vista giuridico specie se, quando era in vita, era titolare di una serie di beni che costituivano il suo patrimonio. Per evitare che tali beni possano rimanere senza un titolare, lo stato si preoccupa di individuare un erede. Per tale ragione si apre la successione mortis causa.

La morte di un persona è un fatto rilevante dal punto di vista giuridico specie se, quando era in vita, era titolare di una serie di beni che costituivano il suo patrimonio. Per evitare che tali beni possano rimanere senza un titolare, lo stato si preoccupa di individuare un erede. Per tale ragione si apre la successione mortis causa.

Successione ereditaria: una definizione, le tipologie e la fase di apertura

La successione a causa di morte può essere a titolo universale, se riguarda tutti i beni e i rapporti patrimoniali attivi e passivi (come per esempio i debiti contratti), oppure a titolo particolare. Quest’ultimo è chiamato anche legato e fa riferimento ad un determinato lascito. La successione è legittima, se è regolata dalle norme vigenti nel nostro ordinamento.  Invece siamo in presenza di una successione testamentaria se il titolare, quando era in vita, aveva deciso di disporre del proprio patrimonio nel modo più confacente ai suoi interessi, lasciando i propri beni o una parte di essi a specifici eredi da lui designati. Secondo l’articolo 456 del codice civile, la successione si apre subito dopo la morte della persona interessata e nel luogo del suo ultimo domicilio.

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L’individuazione degli eredi, la capacità di succedere e l’indegnità

La fase in cui devono essere individuati gli eredi si chiama delazione dell’eredità. Se la successione è legittima, sarà la legge a stabilire chi deve diventare titolare dei beni patrimoniali del defunto. In caso di successione testamentaria, invece, ciò sarà stabilito nel testamento dal testatore. Per legge non sono validi i patti successori, cioè quegli accordi che definiscono l’assetto patrimoniale del titolare in caso di decesso. Inoltre, non sono ammesse neanche le donazioni in caso di morte.

Fino a quando gli eredi non avranno accettato i beni ereditari, quest’ultimi potrebbero essere amministrati e conservati da un curatore nominato dal tribunale territorialmente competente. La legge riconosce una capacità di succedere sia alle persone fisiche sia al concepito, il quale diventerà erede al momento della sua nascita. In tale ipotesi ad amministrare i beni patrimoniali saranno i genitori. Anche alle persone giuridiche (escluso le società) è riconosciuta la capacità di succedere e per esercitare tale diritto necessitano di un’autorizzazione governativa.

Quando dal punto di vista morale un soggetto non è compatibile con il defunto, si parla di indegnità. Ciò avviene, per esempio, se tale soggetto ha usato violenza nei confronti la persona della cui successione si tratta o l’ha diffamata quando era in vita. L’indegnità non si trasmette ai propri eredi diretti. Quindi, per esempio, il figlio può subentrare al padre indegno ed ereditare i beni, in quanto non può pagare per le colpe commesse dal genitore.

L’accettazione e la rinuncia dell’eredità

Quando si apre la successione mortis causa gli eredi sono chiamati ad accettare il lasciato a loro destinato o meno. L’accettazione è pura, se avviene attraverso un atto scritto o scrittura privata. L’accettazione è tacita, invece, se il chiamato all’eredità tiene un comportamento che lascia intendere di voler accettare i beni. Si può anche ricorrere all’accettazione con il beneficio di inventario quando i chiamati all’eredità non si fidano del defunto e temono che quest’ultimo abbia contratto debiti per un valore superiore ai beni del suo patrimonio. In questo caso, l’inventario serve a conoscere la situazione patrimoniale attiva e passiva in capo al defunto, dopo di che spetterà agli eredi decidere se fare l’accettazione o meno. Il chiamato all’eredità può anche dichiarare di rifiutare l’eredità. Qualora ci ripensasse, però, ha 10 anni di tempo per revocare la rinuncia. Decorso tale intervallo di tempo, l’azione di revoca si prescrive e da ciò ne consegue la perdita del diritto ad ereditare.

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