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Anticresi: definizione, funzionamento ed esempi

In parte simile all'ipoteca, l'anticresi permette al creditore di sfruttare il bene immobile del debitore per rientrare del debito: scopriamo come funziona

05-06-2024

Alessia Mancini

Content manager e blogger

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L’anticresi rappresenta una forma peculiare di garanzia nel mondo del credito e del diritto civile, caratterizzata dalla cessione di un immobile al creditore a fini del risarcimento del debito. In questo articolo approfondiamo, in modo chiaro e semplificato, la definizione e il funzionamento dell’anticresi, la differenza tra anticresi e ipoteca e alcuni esempi pratici per illustrare le applicazioni pratiche di questo tipo di contratto.

Anticresi: significato e definizione

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L’anticresi, un meccanismo di tutela creditizia ormai caduto in disuso, è definito dall’articolo 1960 del Codice Civile come “il contratto mediante il quale il debitore o un terzo si impegna a consegnare un bene immobile al creditore come garanzia del debito, consentendo a quest’ultimo di percepire i frutti dell’immobile e di utilizzarli per estinguere gli interessi dovuti e, successivamente, il capitale”.

Con questo accordo, il debitore cede al creditore un bene immobile, il quale ha il diritto di raccogliere i profitti dell’immobile fino all’estinzione del debito (o per un massimo di 10 anni), pur assumendosi l’onere di pagare le tasse e gli altri oneri associati. Il contratto di anticresi è vincolato esclusivamente a beni immobili e deve essere redatto per iscritto per essere valido.

Facciamo qualche esempio di anticresi. Un proprietario di una casa concede l’immobile in anticresi a un istituto finanziario. In questo caso, il creditore ha il diritto di riscuotere gli affitti generati dalla proprietà per un certo periodo di tempo, come parte del rimborso del prestito. Oppure: un individuo concede in anticresi un terreno agricolo ad un creditore che, per rientrare del debito, ha il diritto di utilizzare i raccolti o i redditi generati da quel terreno per un periodo di tempo specificato.

Sebbene sia una garanzia legittima, il contratto di anticresi viene utilizzato raramente a causa della scarsa convenienza per entrambe le parti coinvolte. Il debitore perde il possesso dell’immobile, mentre il creditore assume l’onere della gestione, che può comportare costi significativi.

Differenza tra anticresi ed ipoteca

L’anticresi e l’ipoteca, entrambe finalizzate a proteggere il creditore, differiscono principalmente per due aspetti: la durata e il possesso dell’immobile. In primis, l’anticresi ha una durata massima che è la metà di quella dell’ipoteca, limitata a 20 anni.

Inoltre, con l’iscrizione di un’ipoteca, il proprietario dell’immobile conserva il possesso del bene, poiché l’immobile funge solo da garanzia per il prestito e non concede alcun diritto di utilizzo al creditore. Al contrario, nell’anticresi, il creditore ha il diritto di usufruire e talvolta anche di abitare l’immobile, al fine di soddisfare il suo credito nei confronti del debitore.

Contratto di anticresi: diritti e doveri delle parti

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Come accennato in precedenza, il contratto di anticresi potrebbe non risultare particolarmente vantaggioso per il creditore a causa degli oneri di gestione associati. Tuttavia, tale accordo potrebbe rivelarsi economicamente conveniente se il creditore è un imprenditore capace di sfruttare l’immobile per ottenere profitti.

Il debitore ha un unico obbligo principale: consegnare l’immobile. Per quanto riguarda il creditore, l’articolo 1961 del codice civile specifica che, a meno che non sia diversamente stabilito, è tenuto a pagare le tasse ed i costi di gestione dell’immobile ricevuto in anticresi. Le relative spese devono essere coperte con i frutti dell’immobile.

A questi obblighi si aggiunge il dovere di riconsegnare l’immobile al suo stato originario al momento della restituzione. Se l’immobile risulta danneggiato, il creditore è ritenuto responsabile ed è tenuto a risarcire il danno. Solitamente, il creditore non può modificare la destinazione economica dell’immobile ricevuto in anticresi. In merito alle migliorie apportate all’immobile dal creditore, la giurisprudenza prevalente non riconosce il diritto a un risarcimento, a meno che il proprietario debitore non abbia dato il suo consenso.

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