Cos'è e come difendersi dallo stalking condominiale
Un vicino ti perseguita? Lo stalking condominiale non è da sottovalutare: scopri come tutelarti con gli strumenti a disposizione per legge

Alessia Mancini
Content manager e blogger
- Cos'è lo stalking condominiale?
- Come si fa a dimostrare lo stalking condominiale?
- Cosa fare in caso di stalking condominiale?
Il condominio, luogo destinato alla convivenza pacifica tra vicini, può talvolta trasformarsi in un teatro di tensioni e conflitti. Quando questi contrasti superano la soglia della normale conflittualità e sfociano in comportamenti persecutori sistematici, ci troviamo di fronte al fenomeno dello stalking condominiale, una problematica sempre più riconosciuta nel nostro ordinamento giuridico.
Facciamo chiarezza su questo fenomeno sempre più diffuso e spesso sottovalutato. Capiamo insieme cosa significa davvero essere vittime di stalking tra le mura condominiali, come questo si differenzia dalle solite scaramucce da pianerottolo, e soprattutto come dimostrarlo e difendersi.
Cos’è lo stalking condominiale?
Lo stalking condominiale rappresenta una particolare manifestazione di persecuzione che avviene nello spazio abitativo condiviso. Si tratta di una serie di comportamenti vessatori e ripetuti nel tempo che un condomino attua nei confronti di un altro, con l’effetto di compromettere significativamente la serenità e il benessere psicofisico della vittima.
Tale condotta è punita dall’articolo 612-bis del Codice Penale, che disciplina gli atti persecutori. Per configurarsi come reato, lo stalking condominiale deve generare nella vittima un persistente stato di ansia o timore per la propria incolumità, oppure costringerla a modificare le proprie abitudini quotidiane per evitare le molestie.
Ciò che rende particolarmente insidioso questo fenomeno è la prossimità fisica tra persecutore e vittima. Mentre altre forme di stalking permettono una certa distanza, il contesto condominiale implica una convivenza forzata che amplifica il disagio, trasformando quello che dovrebbe essere un luogo di rifugio e tranquillità – la propria casa – in una fonte di stress e angoscia continua.
Lo stalking condominiale può manifestarsi attraverso numerose forme di comportamento persecutorio. Il persecutore può esercitare un controllo ossessivo sulle attività del vicino, ricorrere a intimidazioni sia verbali che psicologiche, o danneggiare intenzionalmente la proprietà della vittima. Spesso include anche la creazione deliberata di rumori molesti, l’imposizione di ostacoli all’utilizzo degli spazi comuni, la diffusione di calunnie presso gli altri residenti e l’espressione di minacce più o meno velate.
La particolarità di questa forma di persecuzione sta nell’impossibilità per la vittima di sottrarsi facilmente al comportamento persecutorio, dovendo necessariamente rientrare nella propria abitazione e confrontarsi con la presenza del molestatore nello stesso edificio.
Come si fa a dimostrare lo stalking condominiale?
Secondo la normativa in vigore, la dimostrazione dello stalking condominiale può avvenire in diversi modi. Tra i principali strumenti a disposizione della vittima rientrano le prove documentali, tra cui filmati, fotografie e registrazioni audio, in grado di dimostrare i comportamenti molesti. Particolarmente utili sono le testimonianze di altri condomini o persone che hanno assistito agli episodi di persecuzione.
I referti medici e le perizie psicologiche che attestano l’alterazione dello stato emotivo e psicologico della vittima costituiscono prove determinanti per dimostrare il grave stato di ansia o paura derivante dalle molestie subite, elemento costitutivo del reato di stalking.
Un aspetto particolarmente rilevante è che nel procedimento penale, diversamente da quanto avviene in ambito civile, la testimonianza della persona offesa può risultare sufficiente per determinare una condanna. Naturalmente, tale testimonianza deve apparire credibile, coerente e deve essere attentamente valutata dall’autorità giudiziaria.
Una significativa innovazione in materia è stata introdotta dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 32544 del 19 novembre 2020. Questa pronuncia ha stabilito che le registrazioni delle telecamere di videosorveglianza installate nelle aree comuni del condominio possono essere validamente utilizzate come prova in tribunale. Tale orientamento giurisprudenziale amplia notevolmente le possibilità probatorie a disposizione delle vittime, consentendo di documentare in modo oggettivo comportamenti persecutori che altrimenti potrebbero risultare difficili da dimostrare.
Cosa fare in caso di stalking condominiale?
Il primo passo consigliato in caso di stalking condominiale è contattare l’amministratore di condominio, figura che riveste un ruolo centrale nella gestione di queste situazioni problematiche. L’amministratore rappresenta l’autorità più vicina e immediatamente accessibile, potendo fungere da efficace mediatore tra le parti coinvolte. È suo compito verificare la situazione, raccogliere informazioni e tentare di interrompere le condotte moleste attraverso un intervento diretto.
Qualora gli interventi dell’amministratore non producessero i risultati sperati e le molestie dovessero persistere, diventa necessario rivolgersi alle forze dell’ordine. La presentazione di una formale denuncia presso la Polizia o i Carabinieri costituisce un passaggio fondamentale per attivare la tutela giuridica. Nel verbale è essenziale specificare con precisione l’identità del presunto persecutore, descrivere dettagliatamente gli atti persecutori subiti, evidenziare i danni psicologici e materiali conseguenti, ed esprimere chiaramente l’intenzione di procedere penalmente nei confronti dell’accusato.
Una volta avviate le indagini e accertati i fatti, l’autorità giudiziaria può adottare provvedimenti immediati. Tra questi, la diffida formale rivolta al persecutore affinché cessi immediatamente la propria condotta molesta rappresenta spesso il primo intervento. Nei casi più gravi, qualora lo stalking condominiale venga pienamente accertato, il responsabile può essere condannato alla reclusione per un periodo variabile da sei mesi fino a cinque anni.
Tra le misure cautelari più incisive figura l’allontanamento del persecutore dal contesto condominiale. Se il molestatore risiede nello stesso edificio, può essere disposto il suo allontanamento; se invece non vi abita, può essere imposto l’obbligo di mantenersi a una determinata distanza dall’immobile. La conclusione formale della vicenda viene generalmente sancita da una comunicazione ufficiale emessa dall’amministratore.
È importante sottolineare che non tutti i contrasti condominiali configurano ipotesi di stalking. Spesso quelle che vengono percepite come molestie rappresentano in realtà semplici liti da pianerottolo o diverbi legati alla gestione degli spazi comuni. Prima di procedere con una denuncia è quindi fondamentale analizzare attentamente le circostanze e la natura dei comportamenti, per evitare di attivare impropriamente l’apparato giudiziario in situazioni che potrebbero essere risolte con strumenti di mediazione più semplici e meno traumatici.
Uno dei modi più efficaci per prevenire e gestire situazioni di conflitto condominiale è affidarsi ad un amministratore competente e preparato, che sappia intervenire rapidamente per risolvere le tensioni, mediare tra le parti e applicare le normative a tutela dei condomini.
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